Prenditi tempo per te

Quando si ha la percezione di se stessi? Quando si ha la percezione di vivere intensamente la propria vita? Quando si ha la consapevolezza di conoscersi profondamente?
Interrogativi esistenziali con questo torrido caldo di agosto non aiutano, eppure la vita ti impone di farteli. La vita ha deciso di punto in bianco di stabilire le tue priorità, di comprendere chi sei e percepire il tempo. La vita ti chiede "chi sei?" "chi ti ama?" "chi è disposto a fare un passo indietro per te?" e tu, proprio tu, sei costretto a rispondere. 
Come rispondersi? Che cosa pensare? Che cosa considerare? E sopratutto: è il caso di sperare?
Si tira un respiro profondo tanto per cominciare. Ci si siede in un posto sereno e tranquillo e lì ci si ascolta. "Belle parole, ma che cazzo significa ascoltarsi?", direbbe l'umano più scettico riguardo l'esistenza della psyké. E forse il caso effettivamente di comprendere che cosa significa ascoltarsi o prendersi tempo per sé. 
1. Ascoltare non vuol dire sentire. Ci si ascolta quando si tocca il fondo, quando non si ha più nulla da perdere e quando la vita ha deciso per conto suo di darti l'ultima possibilità. Quanto più un evento è drammatico e apocalittico, tanto più si allontana da noi la capacità di essere lucidi e attenti per l'ascolto. Come ci si ascolta? Facendo epoké (sospensione) del proprio giudizio, della propria capacità razionale che per una buona volta deve rimanere silenziosa. 
2. Ricordare a se stessi di vivere. Vivere risulta sempre qualcosa di complicato, non è altro che un semplice sorriso, una semplice riga su un foglio bianco. Tracciare quella riga è il compito della persona, così come la scelta del come, del dove e del quando. Non dimentichiamo che scegliere è un privilegio di chi è dotato di razionalità.

3. Dare un senso alla propria caccia al tesoro. Vivere la propria "Leggenda Personale" può farci perdere se stessi. 

Paulo Coelho racconta che ... ma prima di leggere questa storia vi consiglio di usare questa colonna sonora Perpetuum Mobile

"Un mercante inviò suo figlio a imparare il Segreto della Felicità con il piú saggio di tutti gli uomini. Il ragazzo camminò per quaranta giorni nel deserto, finché giunse a un bel castello, in cima a una montagna. Là viveva il Saggio che il ragazzo cercava. Invece di incontrare un sant’uomo, però, il nostro eroe entrò in una sala e vide un’attività frenetica: mercanti che entravano e uscivano, persone che chiacchieravano in tutti gli angoli, una piccola orchestra che suonava dolci melodie; e poi c’era una ricca tavola imbandita con i piú deliziosi piatti di quella regione del mondo.Il Saggio conversava con tutti, e il ragazzo dovette aspettare due ore perché arrivasse il suo turno di essere ricevuto. Con molta pazienza, il Saggio ascoltò attentamente il motivo della visita del ragazzo, ma gli disse che in quel momento non aveva tempo per spiegargli il Segreto della Felicità. Gli suggerí di fare una passeggiata nel suo palazzo e di tornare dopo due ore.

- Tuttavia, desidero chiederti un favore – concluse, consegnando al ragazzo un cucchiaino da té, nel quale versò due gocce di olio. – Mentre camminerai, porta questo cucchiaino senza versare l’olio.

Il ragazzo cominciò a salire e scendere le scalinate del palazzo, tenendo sempre gli occhi fissi sul cucchiaino. Trascorse le due ore, tornò al cospetto del Saggio.

– Allora – domandò il Saggio – hai visto gli arazzi della Persia che si trovano nella mia sala da pranzo? Hai visto il giardino che il Maestro dei Giardinieri ha impiegato dieci anni a creare? Hai notato le belle pergamene della mia biblioteca?

Il ragazzo, vergognandosi, confessò di non avere visto nulla. La sua unica preoccupazione era non rovesciare le gocce di olio che il Saggio gli aveva affidato.

– Allora torna indietro e conosci le meraviglie del mio mondo - disse il Saggio. – Non puoi confidare in un uomo se non conosci la sua casa.

Adesso piú tranquillo, il ragazzo prese il cucchiaino e tornò a passeggiare per il palazzo, questa volta prestando attenzione a tutte le opere d’arte che pendevano dal soffitto e dalle pareti. Ammirò i giardini, le montagne circostanti, la delicatezza dei fiori, la raffinatezza con cui ogni opera d’arte era collocata al giusto posto. Di ritorno al cospetto del Saggio, riferí dettagliatamente tutto ciò che aveva visto.

– Ma dove sono le due gocce di olio che ti ho affidato? – domandò il Saggio.

Guardando il cucchiaino, il ragazzo si rese conto che le aveva versate.

– Ebbene, questo è l’unico consiglio che ho da darti – disse il piú Saggio dei Saggi. – Il segreto della felicità sta nel guardare tutte le meraviglie del mondo e non dimenticarsi mai delle due gocce di olio nel cucchiaino.



Mi dicono che 

David Foster Wallace


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