Il momento dell'Attesa


Ognuno di noi è in attesa. Questo stato quasi compilativo della vita risulta a volte ineludibile. Per l'attesa si scelgono le parole migliori, si creano i piani, che sembrano più strategici  ma sono sempre i più fallimentari, proprio come tutti i piani. L'attesa di cosa? Ognuno attende qualcosa. Ognuno per attendere qualcosa, lascia passare altre. Ma chi attende può vivere nella condizione di sospensione?



TRENTATRE'

Da Centuria. Cento piccoli romanzi fiume  - Giorgio Manganelli

Col tempo, è diventato un appassionato dell'attesa. Egli ama aspettare. Puntualissimo, detesta i
puntuali, che lo privano, con la loro maniacale esattezza, del piacere incredibile di quello spazio
vuoto, in cui non accade nulla di umano, di prevedibile, di attuale, in cui tutto ha l'odore esilarante
e indefinibile del futuro. Se l'appuntamento è ad un angolo di strada, gli piace fingere una favola di
possibili equivoci: e passa da un angolo al prossimo, ritorna, si guarda attorno, scruta, attraversa la 
strada; l'attesa diventa avventurosa, irrequieta, infantile. Vi fu un tempo in cui un ritardo di dieci
minuti gli dava un'ira sorda, come se fosse stato insultato. Ora vorrebbe ritardi di quindici, venti
minuti. Ma deve essere un vero ritardo; pertanto, non serve arrivare in anticipo. Talora l'attesa è
immobile; trova un qualche oggetto su cui sedersi, e lì si appoggia e ciondola una gamba,
pienamente; si guarda la punta della scarpa, cosa che non potrebbe fare in nessun altro momento
della giornata. Prolungandosi il ritardo, cambia gamba, e si studia un ginocchio; poi si cava il
cappello e ne guarda attentamente la fodera; compita nome e indirizzo del cappellaio; si ripone in
capo il cappello, poi chiacchiera un poco con se stesso, come egli fosse a sé un estraneo appena
incontrato: parla del tempo, della moda, perfino di politica, ma con cautela, perché non si sa mai
come uno la pensa. Ama proporre appuntamenti in luoghi riparati, ad esempio portici, che gli
consentono di camminare a lungo, di gustare qualsivoglia dilazione, con il lento piacere di un
padrone che attende gli ospiti, nel mezzo di un giardino. Di fatti, durante le attese, egli diventa il
proprietario dell'angolo; lì si colloca da ospite, ed il ritardo è il naturale dono che un proprietario
generoso concede agli stranieri che vengono da lontano – mentre lui è, sempre, a casa. Se il
tempo si rabbuffa di nuvole e vento, suggerisce appuntamenti nei pressi di chiese. Ove
sopraggiunge la pioggia, gli piace enormemente riparare nella chiesa, quasi sempre buia e
semivuota, ed ivi esercitare la clandestina pietà dell'attesa. Conta le candele, saluta d'un cenno del
capo Sant'Antonio con l'orfano in camiciola, e guarda fisso, dalla parte dell'altare, rilassato il corpo,
senza impazienza, con una segreta speranza, in quella allusione d'attesa che è il capolavoro della
sua esistenza.

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