La realtà delle cose

C'è qualcosa nell'aria, forse una rarefazione dei contenuti dell'anima, ma forse è solo una tipica mattina che inizia con il lavoro e finisce con il lavoro. L'odore di terra bagnata è come la nebbia che s'insinua anche nelle menti più esercitate, ma in  quelle più ingenue c'è lo smarrimento che nasce dalle proprie convinzioni, che sono sempre quelle che fottono.
Va in scena, come ogni giorno, l'ambiguità delle traduzioni in parole sempre nuove, strane, insignificanti in assoluto, ma capaci in questo teatro dell'assurdo dei concetti già vissuti, già riconosciuti, già evidenti che si mescolano ad un nuovo mondo, nuove regole, ad uomini non cresciuti.

Mentre scompare la capacità di commisurarsi umanamente con la realtà della vita, che non ha ancora coscienza della morte che prima o poi arriva, ecco apparire (per mostruosa compensazione) un elenco infinito di interpretazioni costruite ad arte per giustificare se stessi, che serve a che cosa? Alla vita, ovviamente, alla privacy, al consumo libero dei concetti, alla propria remissione dei peccati (perché per quanto ciascuno si ritenga ateo, ahimé è nato e cresciuto in una cultura religiosa, pertanto, ha interiorizzato inevitabilmente la spada di Damocle del "peccato", della "colpa"). 

E se si mostra ancora, malgrado l'azione delle proprie giustificazioni che l'individuo dichiara come interpretazioni, qualche segno di diversità innata o acquisita, eccoti il diritto di fare ciò che vuoi a discapito degli altri, basta che tu lo faccia con un'altra giustificazione "lo fanno tutti quanti", e che sia sancito da qualche altro irrinunciabile diritto mors tua vita mea. E infine non si può prescindere dal diritto ad una morte dolce dell'intelletto (dopo che ti hanno reso amara la vita), pur patendo un pizzico di legittimo e "religioso" imbarazzo, con ilo movimento sincronizzato delle "spallucce".

Da sempre sono disseminati ovunque segnali di pura cattiveria, di malafede e opportunismo, che vengono racchiuse tutte i una sola azione umana: il giudizio. Tuttavia quando la frode viene smascherata, nonostante fosse universalmente accettata con le frasi tipo "sono fatto così", "sono vero, è colpa tua", "io non cambio idea", "tu sei fatto così", "quanto è puerile", si avverte la dipartita dei più furbi, che crede di far patire i soliti diseredati. 

Accade questo: mentre eravamo occupati ad orientare le nostre vite con la costruzione di un ginepraio di nuovi e fantastici diritti personali, venivamo privati di una capacità naturale e non legittima di distinguere, respingere o accettare, pensare e riflettere, comprendere e rivolgersi  in nome di un valore che non aveva bisogno di essere nominato, definito, circoscritto, sancito o regolato: la realtà delle cose, umane troppo umane.



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